Si vive, in questi giorni, una sorta di espansione del ferragosto: le strade deserte, il silenzio delle macchine, che lascia emergere il canto degli uccelli, il brusìo delle foglie nuove degli alberi al vento. Solo, la temperatura non è quella di ferragosto: è una primavera fresca, infatti è tutto pieno di fiori. I giardini, i cigli delle strade, pullulano di papaveri, grispino, margherite, glicine, alberi di giuda come fuochi di artificio, per citarne solo alcuni. Più di quanto non accada a ferragosto, ci sono le condizioni ideali per andare in bicicletta.
Le settimane appena trascorse hanno portato grandi sconvolgimenti nella vita di ognuno e, purtroppo, rappresentano solo l’inizio di una fase, di cui per ora è impossibile stimare la durata, di trasformazioni importanti nello stile di vita di tutte le persone, con ricadute anche disagevoli per molti di noi.
Parliamo di un malattia di cui
conosciamo molto poco e lo facciamo da tecnici professionisti che
operano nell’ambito sanitario visivo: non siamo medici, come amiamo
sempre sottolineare, e, in quanto ottici-optometristi, la nostra
pratica è volta al mantenimento di condizioni adeguate di benessere
visivo. Per questo, oggi come mai, è importante ribadire
l’importanza di alcuni comportamenti e invitare, dove possibile, a
fare proprie alcune condotte votate alla prudenza e alla
minimizzazione dei rischi.
USO DELLE LENTI A CONTATTO: La classe medica in questa fase è generalmente concorde nell’invitare a preferire l’uso dell’occhiale rispetto alle lenti a contatto (https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/coronavirus-le-lenti-a-contatto-possono-essere-veicolo-di-contagio ;https://www.ilmessaggero.it/salute/medicina/coronavirus_occhi_occhiali_lenti_contatto_sintomi_rossi_18_marzo_2020-5118668.html# ) . Laddove possibile facciamo nostro questo invito, ma sappiamo perfettamente che alcune persone, a causa del tipo di difetto che hanno, non possono fare a meno delle lenti a contatto per mantenere un accettabile livello di efficienza visiva. In questi casi è prudente utilizzare lenti usa e getta a ricambio giornaliero, che non prevedano conservazione. Resta cruciale dedicare la massima attenzione al lavaggio delle mani, come abbiamo sempre invitato a fare: lavarsi bene le mani, così come evitare di toccarsi gli occhi o stropicciarli con le dita, dovrebbe essere un bagaglio culturale proprio di ogni portatore di lenti a contatto. Queste sono infatti le indicazioni che diamo da sempre in fase di prima applicazione. Se, con il tempo, il soggetto si è “rilassato” ed è diventato meno attento riguardo tutte queste precauzioni, siamo a disposizione per rinfrescarne la memoria o eventualmente colmare una lacuna informativa originaria. Resta molto dubbia la condotta da consigliare nel caso di lenti speciali, che non possono essere rimpiazzate da una versione giornaliera. Purtroppo le evidenze scientifiche allo stato attuale non sono tali da fornire una informazione chiara: secondo alcune ricerche l’uso delle lenti a contatto non sembrerebbe associato necessariamente ad un aumento del rischio di contrarre Covid-19 (https://www.irsoo.it/contenuti/23-03-2020—covid-19—le-lenti-a-contatto-sono-sicure-se-usate-correttamente/4104 ; https://www.contactlensjournal.com/article/S1367-0484(20)30050-3/fulltext ), ma bisogna riconoscere che non c’è fondamentalmente accordo su questo argomento. Il rischio dovuto alla manipolazione, se non si lavano bene le mani, aumenta con lenti che hanno una vita più lunga. Eseguire la manovra di inserimento e rimozione delle lenti a contatto sul lavandino del bagno e riporre in bagno le lenti è, come abbiamo sempre detto, un altro fattore di rischio. Un ulteriore fattore di rischio è il contenitore delle lenti, che potrebbe contaminarsi, così come l’efficacia della soluzione di disinfezione e conservazione. Non disponiamo al momento di risultati microbiologici relativi all’efficacia dei prodotti per la contattologia nei confronti di questo particolare virus e confidiamo che vengano prodotti al più presto. Allo stato attuale la sola cosa che si può fare presente è che il perossido di idrogeno a pastiglia è probabilmente la soluzione più efficace (non a caso è quella che viene usata, come da indicazioni dell’OMS, per la manutenzione dei set di prova di lenti rigide gaspermeabili), ma ogni caso va valutato con scrupolo nella sua singolarità al fine di individuare la soluzione più prudente, prendendo in considerazione tutte le variabili in gioco (materiali, durata, sistemi di conservazione, tempi e condizioni di uso). Se c’è una cosa che queste settimane ci hanno insegnato è a non minimizzare la complessità della situazione nella quale ci troviamo: inoltre, se vogliamo assumerci un rischio, è meglio che questo rischio sia informato e fondato sulla migliore consapevolezza possibile.
USO DEGLI OCCHIALI DA VISTA: in questo
momento è il sistema di correzione maggiormente consigliato, anche
perché gli occhiali funzionano, in parte, anche da barriera
protettiva davanti agli occhi. Anche gli occhiali vanno tenuti
puliti, secondo le indicazioni che abbiamo sempre dato, utilizzando
un detergente, risciacquando abbondantemente e quindi asciugando con
un panno morbido di cotone pulito: è il momento di pulirli più
spesso di quanto non siamo abituati a fare. Bisogna lavare tutta la
montatura, non solo le lenti, e prestare più attenzione del solito a
quelle parti della montatura dove si può accumulare sporco, ad
esempio negli attacchi delle placchette delle montature in metallo:
ci si può aiutare con uno spazzolino morbido per pulire questo tipo
di spazi, sempre insaponando bene, oppure si possono sostituire le
placchette vecchie con delle placchette nuove, cosa che ricade nella
normale manutenzione del proprio occhiale. Occhiali molto vecchi, ad
esempio ossidati, erosi dal tempo e dall’uso, andrebbero messi da
parte, anche solo per l’oggettiva difficoltà nel poterli tenere
puliti. Riagganciandoci al discorso sulle lenti a contatto, è il
momento di pensare di aggiornare la correzione occhiale per quelle
persone che hanno un’occhiale molto vecchio in uso, magari non più
adeguato alle loro esigenze. Anche a questo proposito, abbiamo sempre
consigliato una buona integrazione tra i due sistemi di correzione
(lenti a contatto e occhiali), dato che anche chi principalmente usa
lenti a contatto non può fare a meno di un buon occhiale per ogni
evenienza.
Considerato l’attuale uso di mascherine per coprire naso e bocca, e il conseguente facile appannamento delle lenti degli occhiali, è possibile ridurre il problema utilizzando gli spray con effetto antiappannante oppure i pannetti elettrostatici per trattare le superfici delle lenti.
USO DEGLI INTEGRATORI LACRIMALI: per le
persone con sintomi da occhio secco è quanto mai consigliabile
continuare ad utilizzare degli integratori del film lacrimale. Le
versioni spray hanno il vantaggio di non provocare, neanche
accidentalmente, il contatto tra superficie oculare e dispositivo
erogante. Ma, come abbiamo sempre detto, le lacrime artificiali
andrebbero instillate normalmente senza che il beccuccio del flacone
tocchi la superficie oculare: con la testa rivolta all’indietro, si
tiene il flacone perpendicolarmente all’occhio, a qualche centimetro
di distanza, e si lascia cadere la goccia. È opportuna qualche
attenzione in più per la conservazione dei flaconi una volta aperti,
ma facciamo presente che sono attenzioni che avremmo sempre dovuto
avere: ad esempio, non tenerlo libero in tasca o in borsa, ma sempre
in un suo astuccio per evitare che si sporchi con altro; consumarlo
nei tempi previsti dal foglietto illustrativo; non scambiarlo con
altre persone.
Speriamo di potere presto tornare alla
normalità. Nel frattempo ci rimettiamo al servizio del benessere
visivo della nostra utenza in modo consapevole e mettendo in pratica
tutte le modalità di protezione e riduzione del rischio che questo
nostro tempo impone. Consapevolmente, andrà tutto bene.
Categories Cultura, VisionePosted on Author Ottica Panzironi
In una delle sue prime raccolte di saggi, la filosofa femminista statunitense Donna Haraway, piuttosto nota anche in Italia per il suo fondamentale contributo alla cosiddetta teoria cyborg, proponeva la possibilità di partire dalle caratteristiche fondamentali della visione umana al fine di indagare la natura umana stessa. La raccolta pubblicata nell’89 si intitolava infatti Primate Visions, e lo spunto era la visione tridimensionale e a colori, che la specie umana condivide con gli altri primati terrestri.
Anna Maria Ortese, scrittrice misconosciuta e relegata nell’ambito del patetico, ha frequentato assiduamente i territori dei visionari, dei minorati, delle piccole cose. La sua prima collezione di racconti, Il mare non bagna Napoli, esordisce con un testo formidabile, che parla di visione e di occhiali, e che offre lo spunto per riflettere sulla complessità di quello che oggi si chiama sistema visuo-posturale, o più semplicemente la relazione che sussiste tra gli occhi e i suoi fratelli (sistema vestibolare, articolazione temporo-mandibolare, piedi e ovviamente numerose aree cerebrali). Fa piacere anche segnalare che il racconto è stato selezionato e premiato tra i contributi inviati al nostro primo contest visivo-letterario.
“In marina”, disse, “chi ha poca vista non passa. Ma voi siete librista, mica marinaio! E poi non dite che siete cecato! La vostra non è cecatezza! La vera cecatezza non si rimedia con gli occhiali!”
Dice bene Daniele dei Danielidi, celebrato e unico amico del piccolo – e assai miope – Manuele, in Aracoeli di Elsa Morante: alla cecatezza non v’è rimedio, alla poca vista invece sì! I difetti non sono patologie o ferite cui sia preclusa la guarigione, ma qualcosa di inferiore o minore rispetto ad uno standard definito. In ambito visivo questo è rappresentato da un certo angolo minimo di risoluzione: il dettaglio minimo che può essere distinto ad una certa distanza, i cosiddetti dieci decimi!
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